Ad accogliere i 7,5 milioni di turisti pronti a tornare con la ripartenza post Covid al Colosseo, che è il monumento più visitato in Italia, c’è la prima oasi di 189 piante di ulivo per l’olio extravergine dell’antica Roma. Lo rende noto la Coldiretti che in collaborazione con Unaprol ha realizzato al Parco archeologico del Colosseo la cura degli alberi e la raccolta delle olive nel pieno rispetto del loro ruolo paesaggistico e del contesto storico, con la produzione di un olio unico al mondo. Si tratta – spiega la Coldiretti – della prima iniziativa del 2021 che unisce cultura ed enogastronomia per la ripartenza del turismo e le nuove aperture delle frontiere grazie al green pass vaccinale.
“L’Italia è leader mondiale nel turismo enogastronomico che vale oltre 5 miliardi con più della metà (55%) degli italiani che ha il cibo come principale motivazione di viaggio , quasi il triplo rispetto a cinque anni fa” spiega il vice presidente nazionale di Coldiretti David Granieri nel sottolineare che “la ricerca dei prodotti tipici è un ingrediente irrinunciabile delle vacanze in un Paese come l'Italia che può contare su 418 “Sigilli di Campagna Amica” nel 2021, da scoprire durante l’estate grazie alla più grande opera di valorizzazione della biodiversità contadina mai realizzata in Italia dagli agricoltori durante la pandemia”. Specialità da scoprire nei mercati contadini e nei 24mila agriturismi nazionali che – sottolinea la Coldiretti –, spesso situati in zone isolate, in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e ampi spazi nel verde dove le distanze non si misurano in metri ma in ettari, sono forse i luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche.
Nel Parco archeologico del Colosseo nel paesaggio del Colle Palatino sono presenti ulivi di diversa epoca come accadeva nell’antichità. La civiltà romana – evidenzia Coldiretti - fu quella che più d’ogni altra contribuì alla diffusione dell’olivo e al perfezionamento delle relative tecniche di coltivazione e di estrazione. I Romani conoscevano talmente bene l’olio d’oliva da mettere a punto tecniche e strumenti rimasti quasi invariati fino al XIX secolo e, per primi, classificarono gli oli in base alle loro caratteristiche organolettiche. Le fonti antiche, tra cui Plinio nella sua “Storia Naturale” (15,77-78; I d.C.), tramandano la presenza nella piazza del Foro di tre piante, simbolo della cultura romana, Ficus, Olea, Vitis.
L’agricoltura, rappresentata con l’olivo e la vite, era considerata – sottolinea la Coldiretti - l’attività moralmente più degna del cittadino romano, espressione dei valori dei padri e della prosperità della nazione. I Romani – evidenzia la Coldiretti - introdussero la coltivazione dell’olivo anche nei territori conquistati e l’olio di oliva divenne uno dei prodotti cardine dell’economia della città: era utilizzato anche per l’illuminazione, la cosmesi, la medicina e la meccanica. L’olivo era così importante – continua Coldiretti - da essere piantato vicino al fico, albero sacro perchè legato al mito delle origini secondo il quale la cesta, in cui furono abbandonati i divini gemelli Romolo e Remo, figli del dio Marte e della vestale Rea Silvia e futuri progenitori di Roma, si ancorò sotto un fico selvatico, detto ficus ruminalis, proprio dietro il mercato degli agricoltori di Campagna Amica in via San Teodoro.
L’olivo – evidenzia la Coldiretti - era considerato come la pianta sacra a Minerva, donata agli uomini dalla dea quando, colpendo la roccia con la sua lancia, fece nascere dalla terra il primo albero di olivo. L’olio divenne una delle principali ricchezze dei Romani che conoscevano talmente bene l’olio d’oliva da mettere a punto tecniche e strumenti rimasti quasi invariati fino al XIX secolo e, per primi, classificarono gli oli in base alle loro caratteristiche organolettiche. Marco Porcio Catone (234-149 a.C.) e Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.) scrissero i primi “disciplinari di produzione” olivicoli, delineando i fondamenti teorici e tecnici che ancora oggi sono alla base delle produzioni di oli d’oliva di qualità che – conclude la Coldiretti - sono la base del grande potenziale olivicolo Made in Italy che esprime una gamma inimitabile di sentori, profumi, sfumature sensoriali e gradi di intensità.
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