Atto Senato
Risoluzione in Commissione 7-00078
presentata da
MINO TARICCO
martedì 25 maggio 2021, seduta n.179
La Commissione,
a conclusione dell'esame, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, primo periodo, e per gli effetti dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento, dell'affare sulle problematiche del settore dell'apicoltura,
richiamato l'ampio ciclo di audizioni svolto con i soggetti istituzionali competenti e gli esperti nonché il materiale acquisito;
premesso che:
il modello di vita e di attività con mobilità di persone e di merci sempre più globalizzato ed interattivo ha originato e vieppiù accelerato e rafforzato l'interscambio di tecnologie e di merci tra aree di ogni longitudine e di ogni latitudine, e intensificando le correlazioni e le interdipendenze tra economie, sistemi e modelli di vita, creando inevitabilmente le condizioni, nonostante gli sforzi e le azioni di prevenzione per evitarlo, di una maggiore e più accelerata mobilità ed approdo nelle varie realtà anche di parassiti organismi e patologie nei vari contesti mai conosciute, anche con effetti e conseguenze allo stato non compiutamente valutabili;
il consolidarsi nei decenni passati di un modello di produzione agricola basato in larga parte sulla specializzazione e sulla massimizzazione delle rese per ettaro e abbattimento dei costi di produzione, con il conseguente uso crescente di diserbanti e di prodotti fitosanitari, miranti in molti casi più alla eliminazione delle manifestazioni e delle conseguenze di un disequilibrio ambientale che alla ricostruzione dell'equilibrio compromesso, ha oggettivamente, per una stagione non breve, contribuito a comprimere la biodiversità e anche in alcuni casi a riversare pesanti conseguenze ambientali. Gli effetti di tale tendenza hanno evidenziato la necessità e la urgenza di correzioni di rotta e di approcci diversi, e anche grazie allo stimolo ed al sostegno delle politiche messe in atto dalla Unione europea abbiamo visto intensificarsi sperimentazioni ed applicazioni finalizzate ad una agricoltura più attenta all'ambiente, alla biodiversità e alla sostenibilità prospettica, ed indirettamente anche alla creazione di migliori condizioni di vita per api ed impollinatori in genere. Sono significativamente cresciute l'agricoltura biologica e forme di agricoltura integrata ed in generale più ampiamente sostenibili e salubri per l'uomo, per gli animali e per l'ambiente. A questa rinnovata sensibilità ha sicuramente contribuito anche la comunità apistica, che ha dovuto sviluppare una propria capacità autonoma di denuncia, di sensibilizzazione e di proposta, verso istituzioni e categorie produttive, a partire da crescenti ricerche e conoscenze scientifiche ed esperienze di campo;
la consapevolezza che l'agricoltura è al tempo stesso uno degli attori ambientali più importanti ed un imprescindibile custode ed attivatore della qualità del contesto territoriale e della fertilità dello stesso ha portato a compiere scelte importanti per la natura, per gli animali e anche e soprattutto per il comparto apistico. Si è così giunti per la prima volta alla introduzione di importanti divieti e li miti ad alcune famiglie di insetticidi e ad alcune molecole biocide che avevano un impatto devastante sulla salute di api, impollinatori e ambiente, riconoscendo alle api e apicoltori il ruolo di indispensabili partner dell'agricoltura di oggi e di domani;
premesso altresì che
secondo i più recenti dati ISMEA, l'Italia è il quarto paese europeo per numero di alveari (1,6 milioni), dopo Spagna (3 milioni di alveari), Romania e Polonia (rispettivamente 2 e 1,7 milioni di alveari), con una consistenza in aumento del 7,5 per cento nel 2019 rispetto all'anno precedente. La produzione italiana di miele rilevata dall'Istat è poco meno di 8 mila tonnellate per un valore di oltre 64 milioni di euro. Rimangono tuttavia esclusi i numerosi apicoltori, che a prescindere dalla loro connotazione professionale, non associano l'apicoltura ad un'attività agricola ma che pure, nel mantenere in vita le api, nei più disparati ambienti naturali o agricoli, assicurano di fatto una indispensabile e capillare impollinazione;
l'effettiva produzione italiana di miele (dati ISMEA-Osservatorio Nazionale Miele) per l'anno 2019 si è attestata su circa 15 mila tonnellate, contro una produzione nazionale attesa di 23 mila tonnellate. La produzione 2020 secondo l'Osservatorio Nazionale Miele si è assestata intorno alle 18.500 tonnellate;
la produzione di miele proviene da oltre 1,6 milioni di alveari, di cui oltre 780 mila stanziali e 650 mila nomadi; una piccola quota residua è poi rappresentata da alveari non meglio classificati. Il 74 per cento degli alveari totali (oltre 1.230.000), sono gestiti da apicoltori commerciali che allevano le api per professione. La grande prevalenza di alveari detenuti da apicoltori con partita IVA sottolinea l'elevata professionalità del settore e l'importanza del comparto nel contesto agro-economico. Nel 2019 sono stati quasi oltre 190 mila gli alveari che hanno prodotto miele biologico, mentre quasi 1,4 milioni di alveari producono miele convenzionale. Nei primi 6 mesi del 2020 tali alveari sono saliti rispettivamente a quasi 210 mila e a 1,45 milioni;
a livello geografico la produzione è diffusa in tutte le regioni (con le maggiori concentrazioni in Piemonte con oltre 5 mila tonnellate stimate, Toscana con oltre 3 mila tonnellate, Emilia-Romagna con oltre 2 mila tonnellate) Dai dati produttivi medi stimati per regione emerge una resa media per alveare, per le aziende professioniste che praticano nomadismo, di circa 13 kg/alveare per le regioni del Nord e del Centro e circa 25 kg/alveare per le regioni del Sud e delle Isole, da cui risulta una resa media a livello nazionale di circa 18 kg/alveare;
dopo il picco del 2018, le importazioni italiane di miele si sono ridimensionate nel 2019, riducendosi del 12 per cento. Il trend sembra confermarsi flessivo anche nel 2020. I dati sui flussi di import ed export relativi al 1° quadrimestre del 2020 fanno registrare un calo di prodotto sia in entrata che in uscita dal nostro Paese. Rispetto allo stesso periodo del 2019, l'Italia ricalca il trend europeo, con un calo dell'import in valore del 12,4 per cento. Contestualmente, però, diminuisce anche l'export in valore di oltre il 25 per cento. Principale fornitore resta l'Ungheria, dalla quale provengono il 42 per cento dei volumi importati;
dal 2015 al 2019 la spesa per gli acquisti domestici di miele è cresciuta dell'8,8 per cento a fronte di un incremento del 4 per cento dei volumi. Tale dinamica, tuttavia, è il saldo tra un triennio di risultati estremamente positivi (dal 2015 al 2017) e il ripiegamento accusato nel biennio 2018 e 2019. Nel 2020 gli acquisti di miele hanno registrato una sostanziale inversione di tendenza con un recupero delle vendite;
considerato che:
per quanto concerne l'aspetto produttivo, come registrato anche nei rapporti annuali ISMEA, la produzione del miele italiano è da alcuni anni in forte calo in tutto il Paese. Per quanto concerne la campagna 2020, sebbene in lieve recupero rispetto al 2019, è proseguita la tendenza negativa delle produzioni su gran parte del territorio nazionale. Molto eterogenee e complessivamente deludenti, tranne che per alcune eccezioni in specifiche aree vocate, le produzioni dei monoflora di punta sia per il Nord (l'acacia) che per il Sud (gli agrumi); annata pessima per la sulla;
diversi fattori fra loro concomitanti e spesso sovrapponibili incidono negativamente sulla produzione di miele:
- cambiamenti climatici: il susseguirsi di inverni miti e siccitosi a ritorni di freddo primaverili repentini e l'intensificarsi di fenomeni estremi quali grandine, alta ventosità e precipitazioni torrenziali comporta una serie di conseguenze negative, dirette ed indirette, sullo sviluppo delle piante e sul benessere delle api. I fenomeni atmosferici avversi, producendo effetti negativi sulla produzione di nettare di molte specie vegetali, generano prolungati stati di stress alimentare nelle colonie di api e spesso costringono gli apicoltori a nutrizioni artificiali di soccorso, molto dispendiose dal punto di vista economico, ed azzerano, nella maggior parte dei casi, le produzioni;
- attuale modello di produzione agricola: l'utilizzo massiccio ed indiscriminato di fitofarmaci e diserbanti in agricoltura è oggi una delle maggiori cause della mancata produzione in apicoltura. Il loro impiego sistematico, spesso senza adottare le buone pratiche che ne riducono l'esposizione degli insetti utili, ha pesanti conseguenze sulle colonie di api (avvelenamenti, riduzione della popolazione, impatto sulla longevità dell'ape ecc.), soprattutto in areali a maggior concentrazione di colture intensive, quali ad esempio vite, nocciolo, ortofrutta, coltivazioni sementiere;
- riduzione della superficie e delle specie botaniche di interesse apistico: l'antropizzazione e l'introduzione di cultivar ibridate non nettarifere (quali girasole e colza) limitano ulteriormente non solo le produzioni ma la possibilità stessa di far sopravvivere gli alveari senza dovere ricorrere al nomadismo. A ciò si aggiunge una gestione agricola dei terreni marginali che non permette la fioritura eventuale di essenze spontanee che potrebbero diventare fonti di cibo per tutti gli impollinatori;
- nuovi nemici delle api: predatori e parassiti di origine esogena stanno colonizzando porzioni sempre più vaste della nostra penisola (ad esempio Vespa Velutina, Vespa Orientalis, Aethina Tumida), con un forte impatto sulla salute delle colonie dei territori interessati e una drastica riduzione delle potenzialità produttive degli alveari;
valutato che:
relativamente alle problematiche di mercato, nonostante i problemi produttivi evidenziati, si è registrato negli ultimi anni un calo delle quotazioni dei prezzi del miele nazionale oltre che un'accentuata riduzione della domanda e di conseguenza degli scambi interni e verso l'estero;
in un quadro generale in cui di norma l'Italia produce circa il 50 per cento del fabbisogno nazionale di miele, tale comportamento anomalo del mercato è da imputarsi ad una serie di motivi così riassumibili:
- sostituzione di alcune referenze carenti con prodotto di altri Paesi Ue;
- crescente import e proposta commerciale di miele asiatico di dubbia qualità e a basso costo;
- aumento quantitativo e qualitativo di adulterazioni e frodi, sempre più sofisticate;
- insufficiente efficacia dei controlli sul prodotto extra Ue importato;
- minore disponibilità economica dei consumatori;
- contrazione dei consumi invernali causata dal clima più mite;
- carenza di comunicazione sui temi qualitativi;
valutato in particolare che:
un ruolo importante nell'alterazione delle regole del mercato mondiale del miele, con nefasti effetti su quello nazionale, viene svolto dalla disponibilità di ingenti quantità di prodotto proveniente da Paesi extra UE, spesso adulterato con sistemi sofisticati (sciroppi di riso) e difficilmente identificabile come tale ai controlli attualmente in vigore o realizzato con procedimenti industriali di disidratazione, in totale contrasto con la direttiva comunitaria sul miele e con il Codex Alimentarius;
in particolare, in un contesto generale di grande fluttuazione unitaria e generale delle rese, l'unico paese che non manifesta flessioni nella produzione è la Cina, con ingiustificati incrementi produttivi non giustificati da analoga crescita del numero di alveari allevati. Questo Paese, principale esportatore mondiale di miele, registra un costante incremento delle capacità produttive accompagnato da una costante stabilità del potenziale teorico. Dal 2013, le importazioni in Unione europea provenienti dalla Cina ammontano mediamente a 80.000 tonnellate l'anno. La Cina è il primo paese d'origine delle importazioni di miele e rappresenta il 50 per cento del totale delle importazioni;
nel 2019 dai dati n nostro possesso risulterebbe che il prezzo del miele cinese è sceso ulteriormente a 1,24 €/kg. La sola analisi del prezzo all'importazione può fornire una prima indicazione di mancanza di qualità, e motiva più che fondati sospetti. A titolo di esempio, sul mercato interno cinese il miele è venduto a un prezzo compreso tra 9,02 e 36,09 €/kg mentre il prezzo d'esportazione del miele destinato all'Ue è compreso tra 0,90 e 2,71 €/kg. Una tale differenza di prezzo potrebbe essere dovuta a procedure fraudolente accompagnate da un'aggiunta massiccia di sciroppo di zucchero;
in Cina risulterebbe diffusa la prassi di raccogliere miele immaturo con alto contenuto di acqua, che è poi conferito alle "fabbriche del miele" che provvedono a lavorarlo, filtrarlo e deumidificarlo. Tale processo industriale che sostituisce, di fatto, il processo di maturazione delle api, priva il prodotto delle varie componenti caratteristiche del miele. La modalità cinese di produzione di miele è definita dagli standard della Repubblica Popolare Cinese (GB 16740-2014, 2015), che nulla dicono sull'impossibilità di aggiungere o estrarre sostanze dal miele da destinare al mercato o sulla maturazione nei favi dell'alveare. Soprattutto, il metodo di produzione cinese non è conforme né al Codex Alimentarius (1981), né tantomeno alla normativa vigente nell'Ue, incentrati sul divieto di immissione o estrazione di qualsiasi sostanza dal miele destinato al consumo alimentare;
di conseguenza molti degli importatori che acquistano in Cina "miele" corrispondente ai locali standard produttivi e lo commercializzano in Europa quale prodotto rispondente alla Direttiva del Consiglio Ue concernente il miele realizzano una frode alimentare. In altri termini, si assiste alla commercializzazione di un prodotto che può essere definito miele secondo la normativa cinese, ma non secondo quella europea e secondo la definizione del Codex Alimentarius. In base alle normative vigenti invece l'Unione Europea, gli Stati membri e l'Italia dovrebbero garantire che tutti i mieli importati provenienti da Paesi terzi siano conformi alla definizione di miele nell'Ue;
tutto ciò premesso, considerato e valutato, impegna il Governo a:
in sede di definizione a livello europeo e di attuazione nazionale della PAC:
- a promuovere una visione rispettosa ed orientata alla salvaguardia e protezione degli impollinatori e alla promozione del loro ruolo vitale per l'agricoltura e l'ambiente;
- in particolare nel I pilastro, valutando la possibilità che le "Buone condizioni agricole e ambientali" (GAEC) e i "Requisiti di gestione obbligatori" (SMR), possano essere una opportunità per assicurare un futuro fecondo alle api e agli impollinatori in generale;
- in generale prevedendo che la lottaintegrata ai parassiti (IPM) sia inclusa come criterio per il pagamento, ed inoltre prevedendo "pacchetti" di misure di sostegno agli impollinatori e alle buone pratiche, quale criterio di ammissibilità ai benefici per gli agricoltori che attivano innovativi e specifici interventi e colture di interesse per gli impollinatori. Le misure dovrebbero includere anche la diversificazione delle colture, l'impegno reciproco tra apicoltori e agricoltori, ed anche il divieto di uso preventivo o sistematico di pesticidi;
- in merito al II pilastro prevedere :
o misure agroambientali e climatiche (AECM) incentrate sui sistemi di produzione rispettosi dell'ambiente, tecnologie di precisione, agricoltura biologica e lotta integrata, energie rinnovabili;
o azioni di informazione e formazione degli esperti dei Servizi di consulenza agricola (FAS), sulle esigenze e sui pericoli in cui incorrono gli impollinatori, al fine di poter fornire la migliore consulenza possibile agli agricoltori per la tutela degli impollinatori e per la salvaguardia della biodiversità;
o incentivi agli investimenti in tecniche non dannose per api e impollinatori (tecniche dropleg, robot autonomi invece di erbicidi, big data, sensori RFID, feromoni, immagini satellitari, agricoltura di precisione, ecc);
o azioni per accrescere la conoscenza e per l'innovazione in agricoltura (AKIS) al fine di migliorare le pratiche e la cooperazione in agricoltura, tra coltivatori/allevatori e apicoltori.
- per adeguare e semplificare la normativa per l'apicoltura:
o adeguamento del regime fiscale della pappa reale italiana addivenendo ad un chiarimento normativo per la pappa reale, che pur essendo a tutti gli effetti un prodotto agricolo, come da legge 313 del 2004 che disciplina l'apicoltura, non viene poi però trattata come tale a fini fiscali, non essendo, infatti, compresa nella prima parte della Tabella A del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (disciplina dell'IVA), nella quale sono elencati tutti i prodotti agricoli per la cui cessione effettuata dai produttori agricoli, si applicano per l'IVA le cosiddette aliquote ridotte o a compensazione forfettaria, che ne preveda l'inserimento;
o sburocratizzazione delle procedure per la vendita e cessione al dettaglio di prodotti agricoli presso sede aziendale come già avviene per i produttori agricoli che cedono in campo i propri prodotti. L'attività dell'apicoltore è, infatti, ai fini sanitari (reg 852/04), attività primaria, compreso l'invasettamento e il confezionamento del prodotto, e quindi dovrebbero essere estese anche all'apicoltore tutte le semplificazioni anche con riferimento ai locali per la smielatura, lavorazione e alla commercializzazione, e almeno per le piccole produzioni la possibilità di esercitare tale attività in locali di uso temporaneo senza che sia necessario il cambio di destinazione d'uso dei locali stessi;
o inserire tra le attività agricole connesse oltre al miele anche la lavorazione e confezionamento di tutti gli altri prodotti dell'alveare anche chiarendone l'interpretazione all' articolo 32, comma 2 del TUIR e dell'art. 2135, comma 3 del c.c. - ricomprendendo oltre alla lavorazione ed il confezionamento del miele anche quella degli altri prodotti dell'apicoltura come elencati nella legge n. 313 del 2004 (Disciplina dell'apicoltura) all'art. 2 comma 2: la cera d'api, la pappa reale o gelatina reale, il polline, il propoli, il veleno d'api, le api e le api regine, l'idromele e l'aceto di miele;
o abolizione registro carico e scarico animali allevati per gli allevatori apistici, che si avvalgono della determinazione del reddito imponibile riferendosi al reddito agrario disponibile, dall' obbligo di tenuta del registro cronologico di carico e scarico degli animali allevati di cui all'articolo 18-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, essendo questo dato già presente nella BDA e quindi nella piena disponibilità della P.A.;
o definire i necessari chiarimenti interpretativi sul sistema sanzionatorio previsto dalla legge n. 154 del 28/7/2016 per la parte relativa alla BDA come definito dalla successiva legge 28 luglio 2016 n. 154 (Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale) con il comma 2 dell'art .34 (Disposizioni in materia di apicoltura e di prodotti apistici) in merito alle comunicazioni di detenzione degli alveari, anche in riferimento alla proporzionalità delle sanzioni;
o estendere agli apicoltori produttori di idromele le agevolazioni previste dall'art 37 del decreto legislativo n. 504 del 26/10/1995 ai cosiddetti "piccoli produttori di vino", cioè i produttori di vino che producono in media meno di 1.000 ettolitri di vino all'anno con riferimento agli obblighi burocratici puramente formali legati alla gestione delle accise (deposito fiscale, comunicazioni all'agenzia delle dogane) e relative sanzioni penali e amministrative;
- per accompagnare lo sforzo produttivo inoltre prevedere :
o incentivi per la creazione di polizze assicurative o fondi mutualistici con contributo pubblico nazionale e comunitario anche per indennizzo dei danni da mancata produzione per il settore apistico;
o una forte presa di posizione in vista della revisione delle autorizzazioni per l'uso in agricoltura ed in ambiente aperto di prodotti a base di principi attivi potenzialmente pericolosi per le api (Flupyradifurone, Sulfoxaflor, Glifosato, ecc.);
o il miglioramento e potenziamento e strutturazione dei controlli in campo a seguito di segnalazione di avvelenamenti di api ;
o la istituzione di una task force operativa interministeriale a tutela del patrimonio apistico nazionale contro predatori o nemici di origine aliena;
- per il sostegno al mercato del miele nazionale prevedere:
o l'avvio di campagne promozionali ma soprattutto comunicative- informative su caratteristiche e distiguibilità del miele italiano;
o il rafforzamento puntuale e organico del controllo sui mieli importati;
- ed inoltre per favorire le produzioni di qualità, garantire il consumatore e tutelare i produttori italiani da pesanti fenomeni di concorrenza sleale dovuti alla commercializzazione di prodotti apistici di dubbia origine e qualità e per una efficace azione di contrasto contro le adulterazioni, avviare un programma di interventi per :
- 1. rafforzare l'attività, coordinata con gli altri paesi interessati, a livello dell'Ue, finalizzata all'indicazione in etichetta di tutti paesi di origine del miele per le miscele di mieli, nonché le percentuali di mieli diversi all'interno della miscela, per permettere distintività e valorizzare della produzione europea che rispetta severe condizioni di produzione e garantire un approccio armonizzato per il buon funzionamento del mercato interno (con particolare attenzione anche alla comprensione dei consumatori (ad es. Repubblica popolare cinese o Cina e non semplicemente RPC));
- 2. al tempo stesso ed in ogni caso inserire l'obbligo di indicare paese di origine in etichetta attualmente in vigore per il miele a tutti i prodotti dell'alveare, affinché riguardi anche pappa reale, propoli e polline;
- 3. favorire, anche attraverso specifici interventi di formazione, l'applicazione nell'ambito dei controlli ufficiali delle tecniche di analisi dei pollini contenuti nel miele per verificarne la conformità con quanto dichiarato in merito all'origine geografica del prodotto;
- 4. rafforzare all'interno della filiera le procedure di tracciabilità per permettere di avere un'identificazione chiara e immediata dell'origine del prodotto sfuso contenuto nei fusti di miele, o di altri contenitori, utilizzato nell'intera filiera;
- 5. richiedere alla Commissione UE un nuovo piano di controllo coordinato fra gli Stati membri per le importazioni di lotti superiori alle 20 tonnellate di miele provenienti da Paesi terzi, anche ricorrendo alle tecniche più efficaci di individuazione delle frodi, quali la risonanza magnetica nucleare (RMN) e la cromatografia in fase liquida ad alta prestazione (HPLC) per rilevare i casi di adulterazione (tramite aggiunta di sciroppo di zucchero) e per quanto tecnicamente possibile identificare il miele non maturo deumidificato artificialmente;
- 6. sostenere la ricerca per sviluppare e soprattutto validare nuove tecniche di individuazione dell'adulterazione del miele che siano economicamente convenienti per tutti gli operatori, anche attivando o individuando un laboratorio europeo di referenziazione per il miele, con l'obiettivo di verificare l'autenticità del miele e di assistere le autorità di controllo degli Stati membri nell'individuazione delle frodi;
7. attivare un programma di promozione multipaese sul miele europeo rivolto al mercato interno, che metta in risalto gli standard di produzione europei e italiani, anche con una specifica dotazione nel quadro del programma di lavoro annuale di promozione della Commissione;
8. istituire un osservatorio europeo del mercato del miele, per rendere il mercato del miele nell'Ue più trasparente, attraverso il monitoraggio economico del settore (prezzi, produzione, stock, importazioni ed esportazioni intra ed extracomunitarie, monitoraggio del prezzo lungo tutta la filiera), con informazioni pertinenti, regolari e affidabili e con la partecipazione dei diversi operatori della catena di commercializzazione;
9. orientare maggiormente su qualità ed origine del prodotto i piani nazionali di campionatura obbligatoria del miele (PNR), incrementando la capacità e il ventaglio dei controlli e delle analisi condotte dagli Stati membri, indirizzandoli in misura maggiore all'individuazione e contrasto di frodi e adulterazione;
10. attivare campagne di informazione e promozione sulle proprietà nutritive e sui benefici per la salute derivanti dal consumo di miele. E' a tal fine necessario e urgente che l'EFSA formuli indicazioni sulla salubrità del miele, in particolare per il contenuto di microelementi ed enzimi.
(7-00078)
TARICCO
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